Arte moderna in Engadina
Turo Pedretti e Giuliano Pedretti
La mostra temporanea offre un sorprendente accostamento e fornisce nuovi spunti di riflessione sull’arte di Turo Pedretti (1896-1964) e del suo figlio maggiore Giuliano Pedretti (1924-2012), entrambi protagonisti di spicco dell’arte grigionese del XX secolo, nella cui opera il paesaggio dell’Alta Engadina appare come un’influenza formativa ed efficace. Catturando momenti della loro vita, entrambi gli uomini permettono allo spettatore di partecipare al loro mondo e alla loro quotidianità.
Nell’inverno del 1951, la casa-studio dei Pedretti a Samedan fu completamente distrutta da una valanga. Nel 1952, la famiglia di artisti si trasferì in una casa di nuova costruzione a Celerina, oggi sede degli atelier dei due artisti, aperti al pubblico. Una quindicina di opere di Turo e una ventina di Giuliano, provenienti da varie collezioni private, saranno esposte a Poschiavo nella mostra curata da Gian Casper Bott e coordinata da Moreno Raselli, che comprende opere note e alcune presentate per la prima volta.
I contatti tra i Pedretti e Poschiavo erano vari, già negli Anni Cinquanta con Markus W. Rickenbach e quindi, a partire dagli Anni Sessanta con Wolfgang Hildesheimer, Not Bott e altri. Nel 1961, assistito dal figlio Giuliano, Turo Pedretti eseguì la sua opera più monumentale nella centrale idroelettrica di Robbia presso San Carlo, il murale Energia caratterizzato da un ricco concerto di superfici e un colorismo alquanto particolare di matrice neo-fauvista. Nella mostra in Casa Console sarà presente un notevole studio preparatorio del 1960 per questa importante opera, come pure, sempre dalla mano di Turo, il dipinto Kinder auf Schlittenbahn del 1958, di proprietà delle già Forze Motrici Brusio (oggi Repower), nel parco della cui direzione è installato Le grand cheval, opera del 1966 di Giuliano Pedretti, mostrato in Casa Console in un ulteriore esemplare.
Di Turo Pedretti saranno in mostra dipinti risaltenti al 1945 fino al 1963. Ci si potrà immergere nel particolare mondo cromatico, nelle composizioni – audaci nella loro semplicità – piene di forza e dal tocco leggero – quasi da acquerello – momentaneo e al contempo sicuro. Opere com La baracca del 1945 (opera rarissima, risalente al periodo anteriore la cesura marcata
dalla valanga del 1951), Tempesta presso Celerina del 1956, Galleria ferrovaria del 1957 o Caccia in autunno II del 1961 saranno messe in relazione con un significativo gruppo di nature morte come Ananas del 1952 o Grande trota su sedia del 1956 e con l’ultima opera, Il cappello rosso del 1963, che ritrae la figlia Ladina con un mazzo di carciofi comperati a Chiavenna. Caccia e pesca sono un motivo riccorrente nell’opera di Turo Pedretti e indicano forte connessione con la natura e il paesaggio.
Di Giuliano Pedretti potranno essere ammirati capolavori creati dal 1958 al 2011 – alcune ultime sculture risalgono al nuovo Millennio e appaiono alquanto contemporanee. Colpiranno opere principali come Il grande uomo (E[rnst[ B[eyeler]) del 1981, Il mio cane (Filipina) del 1986, La grande tavola (omaggio à Cézanne) del 1993–1994, Figure e Teste degli anni 1978– 2011. Si tratta di sculture di una singolare presenza fisica, in cui la luce e l’ombra, come pure il tempo sono parte integrata, e dove spazio, omissioni ed esistenza sono messe in un rapporto di reciproco influsso e paragone. Elementi formali come vicinanza e distanza, variazione e ritmo, trattamento della superficie, patina, dimensione, punto di vista, grado di astrazione nel linguaggio figurativo sapranno affascinare l’occhio e l’intelletto tanto come il dialogo con alcuni degli essenziali movimenti dell’avanguardia artistica nel Novecento.